Volevo nascondermi (2019)

Regia: Giorgio Diritti

Titolo originale: id
Nazionalità: Italia
Anno di uscita: 20120
Genere: drammatico/biopic
Durata: 120’

TRAILER
SCHEDA IMDB

Cast (Attori principali)
Elio Germano, Oliver Ewy, Leonardo Carrozzo, Pietro Traldi, Francesca Manfredini, Paola Lavini, Orietta Notari

Cast Tecnico
Soggetto:
Giorgio Diritti e Fredo Valla Sceneggiatura: Giorgio Diritti, Tania Pdroni in collaborazione con Fredo Valla Regia: Giorgio Diritti Fotografia: Matteo Cocco Montaggio: Paolo Cottignola con Giorgio Diritti

Produzione: Palomar, Rai Cinema, Arancia Film
Distribuzione Italiana: 01 Distribution
Data di uscita: 27 febbraio 2020 (cinema)

Intreccio e personaggi

La biografia del noto pittore italo/svizzero Antonio “Toni” Ligabue (Elio Germano, protagonista) descritta dalla sua infanzia alla sua morte nel continuo peregrinare fra luoghi, condizioni e persone, nella perpetua ricerca d’amore e comprensione, consapevole del proprio originalissimo talento bistrattato mescolato a un evidente disagio mentale e comportamentale.

Temi

Nella scelta di puntare l’attenzione alla vita borderline dell’artista anarchico, solitario, deforme e “schizzato” Antonio Ligabue, Giorgio Diritti pone in essere alcuni argomenti che riguardano l’emarginazione degli ultimi, specie quando portatori di un disagio mentale poi tradotto in comportamenti non allineati a ciò che si ascrive al termine “normalità. Attraverso la figura scomoda di Ligabue, dunque, il film affronta ogni aspetto legato ai temi della solitudine, dell’esclusione dalla società, dello sfruttamento del talento, della incomunicabilità, ma anche del modus operandi del sistema sanitario di quel tempo, in Svizzera come in Italia, rispetto alla malattia mentale. Essendo artista, “Toni” Ligabue apre anche al racconto del rapporto fra genio creativo e follia, permettendo così agli autori del film di trattare temi come il gesto artistico e il processo creativo, ponendo al centro questioni fondamentali quanto eterne quali: cos’è il genio, cos’è la follia, cos’è la sofferenza dell’emarginazione, cosa significa “vivere socialmente”. Tendendo sempre aperta, come criterio interpretativo del mistero esistenziale, la domanda che lo stesso artista reiterava a chi lo avvicinava: “che ne sapete voi di me? Il mio mondo è incomprensibile anche a me stesso, figuriamoci a voi”. Da un punto di vista più strettamente artistico, essendo un’opera anche sull’arte, Volevo nascondermi offre anche una grande riflessione sui gradi di separazione fra l’artista e la sua arte, e fra imitazione e reinvenzione nel rapporto soggetto/oggetto, laddove la finzione spesso riesce a parlare di Verità più del reale.

Linguaggio

Costruito interamente dal punto di vista “deformante” del protagonista, Volevo nascondermi presenta una narrazione necessariamente non-lineare dei fatti raccontati.  Per quanto cadenzato a livello strutturale alla maniera del biopic classico, il film osserva la realtà nei suoi aspetti più nascosti (Volevo nascondermi, appunto), marginali, indubbiamente originali ma anche mostruosi, e per farlo adotta il linguaggio della favola dark di approccio espressionistico, dove realtà e immaginazione convivono esattamente come accadeva nella mente caotica e “difettosa” (a detta dello stesso artista) di Ligabue. Giorgio Diritti in tal senso porta alle estreme conseguenze un linguaggio atto a mostrare l’invisibile (sogni, incubi, visioni) così come ad ascoltare suoni inesistenti se non attraverso l’udito del pittore, che peraltro era misoponico (non sopportava alcuni suoni e rumori). L’uso di lenti deformanti (grandangolari, fino al fish-eye classicamente usato per la degenerazione soggettiva della realtà), inquadrature che prediligono il dettaglio (primissimi piani, focus sui particolari), movimenti di macchina alternati tra il dinamismo caotico e l’immobilità. A questo si aggiunge la volontà di far aderire le scelte cromatiche del film a quelle di cui si componevano le tele di Ligabue: colori accessi, espressionistici più che impressionistici, fortemente contrastati e saturati. Le ontologiche contraddizioni che componevano l’esistenza personale e artistica del protagonista sono riprodotte attraverso scelte audio/visive quasi “sensoriali” che mescolano visioni e ascolti (anche le lingue sono mischiate, tra italiano, tedesco e dialetto) atte a suscitare nello spettatore reazioni contrastanti: da una parte di empatia all’eterna sofferenza di Ligabue, dall’altra di turbamento rispetto ai suoi comportamenti incongrui. Complice delle scelte linguistiche autoriali è anche la scelta performativa di Elio Germano, partecipe fisicamente delle deformazioni del protagonista essendosi sottoposto “prosteticamente” a trasformazioni profonde, orientate ad evidenziare i movimenti scomposti dell’artista, sempre protesto al nascondimento che non al mettersi in mostra.

Scheda didattica redatta da ANNA MARIA PASETTI

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